Società Italiana Parkinson e Disordini del Movimento/LIMPE-DISMOV ETS
Da 40 anni un punto di riferimento per lo studio della malattia di Parkinson
Prof. Pierfranco Spano
Il Prof. Pierfranco Spano (a sinistra) insieme al Prof. Oleh Hornykiewicz, in occasione del XXXVII Congresso LIMPE (Cagliari, 2010)
L’amicizia che ci ha legato a Pier Franco “Cicci” Spano, nasce in tempi lontani quando, nel 1970, tutti e due lavoravamo alla tesi di laurea presso l’Istituto di Farmacologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Cagliari e Spano era rientrato per qualche mese dal laboratorio di Erminio Costa al Saint Elisabeth Hospital di Washington. Proprio nell’Istituto di Farmacologia, intorno al ’68, Spano aveva cominciato a lavorare sulle monoamine in collaborazione con Gian Luigi Gessa. Con Pier Franco Spano abbiamo condiviso molte cose. Innanzitutto, tra il 1971 e il 1973 ci siamo trovati insieme negli USA, noi due come postdoctoral fellows presso il Laboratory of Chemical Pharmacology (LCP) NIH, Bethesda, diretto da Bernard B. Brodie, Spano di nuovo da Costa al Saint Elizabeth, a Washington. In quell’occasione si creò e rafforzò tra noi un sodalizio che è stato interrotto solo dalla Sua scomparsa.
Rientrato dagli USA, Spano mantenne l’incarico di insegnamento a
Cagliari, dove dirigeva l’Istituto di Farmacologia e Farmacognosia in
Viale Diaz, distinto da quello di Gessa, in Via Porcell, ma aveva un
laboratorio anche a Milano, nell’Istituto di Farmacologia e
Farmacognosia diretto dal Prof. Paoletti. Nel 1980 siamo andati in
cattedra nello stesso concorso e siamo stati chiamati tutti e tre a
Cagliari.
Pier Franco Spano è stato per noi un fratello maggiore; ci ha fatto
crescere con i suoi consigli e con il suo esempio. Era uno studioso a
tutto tondo e applicava agli studi di storia della scienza, una delle
sue passioni, la stessa meticolosità che applicava alla ricerca
biomedica. Un’altra passione di Spano era la lirica ed uno dei suoi
personaggi preferiti era il dottor Dulcamara, dell’Elisir d’Amore, al
quale paragonava certi farmacologi, creatori in senso figurato, di
intrugli, logicamente prima che scientificamente, improponibili. Spano,
infatti, pur essendo persona ben educata e piuttosto formale, aveva
un’ironia raffinata e tagliente. I suoi interventi ai congressi erano
epici: partiva lancia in resta come un antico cavaliere in un torneo
equestre, autorevole, elegante, ironico, mai offensivo o irriguardoso.
L’amicizia che ci ha legato a Pier Franco “Cicci” Spano, nasce in tempi lontani quando, nel 1970, tutti e due lavoravamo alla tesi di laurea presso l’Istituto di Farmacologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Cagliari e Spano era rientrato per qualche mese dal laboratorio di Erminio Costa al Saint Elisabeth Hospital di Washington. Proprio nell’Istituto di Farmacologia, intorno al ’68, Spano aveva cominciato a lavorare sulle monoamine in collaborazione con Gian Luigi Gessa. Con Pier Franco Spano abbiamo condiviso molte cose. Innanzitutto, tra il 1971 e il 1973 ci siamo trovati insieme negli USA, noi due come postdoctoral fellows presso il Laboratory of Chemical Pharmacology (LCP) NIH, Bethesda, diretto da Bernard B. Brodie, Spano di nuovo da Costa al Saint Elizabeth, a Washington. In quell’occasione si creò e rafforzò tra noi un sodalizio che è stato interrotto solo dalla Sua scomparsa. Rientrato dagli USA, Spano mantenne l’incarico di insegnamento a Cagliari, dove dirigeva l’Istituto di Farmacologia e Farmacognosia in Viale Diaz, distinto da quello di Gessa, in Via Porcell, ma aveva un laboratorio anche a Milano, nell’Istituto di Farmacologia e Farmacognosia diretto dal Prof. Paoletti. Nel 1980 siamo andati in cattedra nello stesso concorso e siamo stati chiamati tutti e tre a Cagliari.
Pier Franco Spano è stato per noi un fratello maggiore; ci ha fatto crescere con i suoi consigli e con il suo esempio. Era uno studioso a tutto tondo e applicava agli studi di storia della scienza, una delle sue passioni, la stessa meticolosità che applicava alla ricerca biomedica. Un’altra passione di Spano era la lirica ed uno dei suoi personaggi preferiti era il dottor Dulcamara, dell’Elisir d’Amore, al quale paragonava certi farmacologi, creatori in senso figurato, di intrugli, logicamente prima che scientificamente, improponibili. Spano, infatti, pur essendo persona ben educata e piuttosto formale, aveva un’ironia raffinata e tagliente. I suoi interventi ai congressi erano epici: partiva lancia in resta come un antico cavaliere in un torneo equestre, autorevole, elegante, ironico, mai offensivo o irriguardoso.
Prof.ssa Emilia Martignoni
Un ricordo di: Dr. Claudio Pacchetti
In questi anni molti di voi hanno conosciuto Emi Martignoni e alcuni
hanno avuto la fortuna di condividerne il percorso e di apprezzarne le
qualità umane.
Emi era una bella persona, aveva un buon carattere ed
era gentile con tutti. L’impegno verso i pazienti che ha sempre sentito
come persone amiche e l’impegno verso le Associazioni è sempre stato
enorme; sono tanti, tantissimi quelli che l’hanno voluta ringraziare.
La persona non era mai il “caso clinico”, cercava sempre il lato
pratico nel suo agire medico, fare quello che era meglio per il
paziente, ecco allora il periodo di "biodanza" ma anche gli studi sulle
comorbidità, sugli accessi in PS e sui ricoveri extra-neurologici,
lavori seminali che indicano la via per una nuova politica sanitaria
della "cronicità" nel nostro Paese.
Quando una persona all’improvviso se ne va, lascia un vuoto che la memoria fatica a riempire.
Compaiono e scompaiono frazioni di immagini che non hanno tempo e
che sono tenute insieme da una tristezza infinita, sono porzioni di vita
condivisa, noiose cene sociali, congressi di qui e di là, viaggi,
post-congressi, risate, spuntini, abbracci, diverbi, complicità,
incomprensioni, vittorie e sconfitte… la vita così come è.
Non amava esporsi al sole del mare ma in Brasile, a Copacabana, sul bagnasciuga un’onda l’aveva mandata all’aria, me lo raccontava divertita...
Immagini senza ordine cronologico che fermano per un attimo la memoria.
Negli anni ha avuto tanti interessi scientifici, basta consultare
PubMed, virtuale luogo della memoria. I suoi viaggi in Tibet, l’
andirivieni da Novara e Veruno e poi il su e giù da Varese e Tradate,
dove nelle rispettive Università ha insegnato. Ogni tanto compariva al
Mondino, sempre di fretta. Negli ultimi anni era nomade, dopo aver
lasciato la "casa" del Mondino non ne aveva ancora trovata una se non la
sua, quella vera, nella sua Varese con la sorella Piera e i suoi
genitori. Gazzada Schianno, casa bellissima, vista bellissima, giardino
bellissimo, lì era tranquilla, lì stava bene.
In questi ultimi anni ci siamo visti meno.
Una vita è fatta anche di consuetudini e di gesti e di parole che
si ripetono ogni giorno, uguali e nei quali troviamo rassicurazione e
tranquillità. Tu sai che le persone ci sono, punto e basta!
Quando Emi ci ha lasciati, per un po’ tutto si è accelerato in modo confuso.
Qualche giorno prima di sapere della malattia era stata al Mondino
per un convegno, si vedeva che qualcosa non andava, mi diceva che aveva
dolore e che respirava con fatica, e il giorno dopo doveva andare a
Trento per un incontro con le Associazioni, gli dissi di starsene a
casa, di riguardarsi, mi rispose che sarebbe andata comunque….è stata l’
ultima volta che ho visto Emi con gli occhi di prima.
Sono riuscito a chiamarla solo dopo qualche settimana, ero a
Ravello, gli ho detto che quando sarei tornato dalle vacanze sarei
andato a trovarla; così ho fatto.
In una di queste volte mi ha accompagnato nel suo giardino, gentile
come sempre, era contenta di parlarmi delle piante che tanto amava, la
sua voce di bimba era la solita, se possibile ancora più tenera, sono
stato colpito dai bellissimi cespugli di corbezzolo, mi ha offerto un
frutto e l'ho assaporato.
Nel mio giardino ho piantato tre corbezzoli, fiori bianchi, foglie verdi e frutti rossi… cresceranno.